venerdì 14 maggio 2021

Villa Bellini e il gioco ammanettato

Photo World Orgs
Io e Cecilia siamo frequentatrici seriali della Villa Bellini. A piedi, dopo pranzo, ci armiamo di zainetti e voilà dopo 2 km arriviamo a destinazione, contente entrambe di fruire di questo piccolo polmone verde della città. Qui i giochi sono ridotti all'osso, la pulizia scarseggia, bici e monopattini accelerano in prossimità di altalene e scivoli cercando probabilmente di abbattere, oltre alla barriera del suono, anche qualche figlio. Ma quello che mi sconcerta maggiormente è l'apprensione di alcuni genitori.
Con 24 gradi vedo ancora bimbetti bardati con sciarpe, piumini e felpe. Cecilia in canottiera guarda i suoi compagnetti di gioco grondare cascate di sudore mentre le mamme esortano i figli a non togliere il giubbotto perché c'è freschetto. Forse vogliono usarli come impianti di irrigazione delle aiuole moribonde? Potrebbe essere un'ipotesi.
Poi ci sono quelli che pretendono che si giochi ad acchiapparella restando fermi, che si giochi a nascondino senza nascondersi, che si debba correre piano o che non si debba correre proprio perché i pantaloni si strappano e se cadi poi si sporcano. Quelli che a terra no, non puoi sederti. Quelli che no, le foglie non le raccogliere. Quelli che no, i gessetti da pavimento non vanno bene, c'è il Covid, niente passaggi di mano in mano. Mi chiedo quale tecnica utilizzino questi bambini per salire sull'arrampicata. La lievitazione? Anche questa potrebbe essere un'ipotesi.
Poi c'è il genitore illuminato, illuminato però male, che dice al figlio: respira piano perché il Covid è pure nell'aria.
Così pure io inizio a respirare piano ma per altre ragioni. Quelle che ti fanno contare fino a dieci, cento, mille per restare al tuo posto di genitore ma di un altro figlio che crede nel gioco fatto di respiri da batticuore, di cadute, di capitomboli, di sporco, di corse e soprattutto tante risate. Lasciateli liberi di essere bambini. Qui a Catania e in ogni parte del mondo.

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Un pizzico di me

Ho manie di piccolezza. Mi piacciono i sassi, le foglie, gli origami. Mi piacciono gli occhi che non mentono, le dita che sfogliano, i piedini che calciano. Mi piacciono le parole semplici e gli haiku complessi, le chiavi che aprono ma non serrano, i coriandoli che volano, le frittelle che ingrassano. Mi piacciono le gocce di rugiada e le bolle di sapone. Sì, mi piacciono le piccole, le piccole grandi cose.

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