domenica 5 giugno 2016

Luoghi comuni in polvere

19:14:00


In famiglia la mia scelta vegan è stata accolta con moderato turbamento. «Diventerai anemica!» profetizzò, col dito agitato, mia madre. Dopo una gravidanza e anni di dieta vegana non c’è stato ancora verso di far avverare la sua predizione allarmista: la mia salute è ancora di ferro! Ebbene sì, con un’alimentazione vegetale, bilanciata e variegata, si rischia una buona se non eccellente condizione fisica. 
Non vi nego che un tempo ignoravo completamente l’esistenza del seitan, del tempeh o del tahin e le mie nozioni circa gli apporti nutrizionali si limitavano al mio tallone d’Achille, i carboidrati. Visto che la disinformazione nutre i preconcetti e i preconcetti ingrassano l’ignoranza, fin da subito, mi sono messa a studiare, a fare ricerche, a confrontarmi con medici e vegani navigati. Questa personale indagine culturale/scientifica mi ha condotto attraverso dati ed esperienze al cambiamento radicale del menù e alla possibilità di argomentare, con cognizione di causa, il falso mito della «proteina nobile». In parole povere: alle domande ricorrenti dei fondamentalisti della cucina mediterranea, oggi, riesco a rispondere con un sorriso, un piatto prelibato e un’informazione verificata (chiamala se vuoi deformazione professionale…). 

Ecco le domande più frequenti in cui mi sono imbattuta in questi anni. Ho preferito risparmiarvi quelle sulle carote e cetrioli che soffrono… 

Ma non ti manca la carne? È stato difficile rinunciare?
Non ho rinunciato a nulla: ho semplicemente scelto di nutrirmi esclusivamente con cibi vegetali. Frutta, verdura, legumi dovrebbero comunque costituire l’80% degli alimenti consumati anche in una “sana” alimentazione onnivora. Il mio è stato un percorso graduale: latto-ovo-vegetariana per sei mesi e poi vegana per realizzare appieno l’equa tripletta etica/ambiente/salute. Io ho avuto l’opportunità di scegliere cosa mangiare, altri meno fortunati non hanno semplicemente l’opportunità di mangiare. La vita, purtroppo, non è democratica. 

Senza carne non rischi un'anemia?
No, perché tutto il ferro di cui ho bisogno si trova nei legumi, nella frutta e nelle verdure. Per aumentare gli introiti di ferro e migliorarne l’assimilazione seguo anche qualche piccolo accorgimento, tipo aggiungere un po’ di succo di limone a ogni pasto. 

Come sostituisci le proteine della carne?
I legumi possono apportare una grande dose proteica e, se uniti ai carboidrati (tipo una pasta e fagioli) riescono a fornire tutte le proteine di cui l’organismo necessita. E poi i grassi saturi della carne rossa provocano alti livelli di colesterolo (la maggiore causa di obesità e malattie cardiovascolari); i legumi, invece, ne sono privi. 

Ma il latte e latticini non sono indispensabili per il calcio? Non rischi ossa fragili?
No, perché lo trovo nelle verdure, nei cavolfiori e in tutti i tipi di cavolo, nelle verdure a foglia (eccetto spinaci e bieta), nelle mandorle, nei semi di sesamo, nei cereali integrali, nei legumi. Acquisto poi yogurt e bevande vegetali arricchite in calcio e bevo acque calciche. Diverse ricerche scientifiche hanno dimostrato che l'osteoporosi e le fratture ossee sono più diffuse tra le persone che consumano latticini e altri alimenti di origine animale e che una dieta ricca di frutta e verdura è legata ad una maggiore densità ossea. Se poi si considera che i formaggi, come le uova, sono sorgenti principali di grassi saturi e di colesterolo è chiaro che per la salute non sono un toccasana. 

Niente latte vaccino, carne, pesce e uova per tua figlia?
Ovvio. Non ho avuto il piacere di allattarla al seno se non per pochi giorni e quindi, oggi, Cecilia beve latte vegetale formulato e il suo svezzamento è vegan. D’altronde i cibi vegetali contengono tutti i nutrienti che occorrono alla sua crescita, sono salutari e prevengono diverse malattie. Non strabuzzate gli occhi: per la sua alimentazione io e il mio compagno ci siamo affidati alle competenze di una nutrizionista dell’ASP di Catania che lavora e lavorerà, di concerto, con la pediatra. Non è carino ma dovrei consigliarla anche alla mia vicina: le sue bimbe onnivore, 10 e 12 anni, sono obese. Ma ripeto, non è carino… 

Ma allora vegana pure in gravidanza?
Certo, ho seguito un'alimentazione equilibrata (vitamina B12 di sintesi batterica inclusa), ogni tanto ho ecceduto in carboidrati (pasta e pane io vi amo!) e lo sviluppo della bambina è stato esemplare. A 40+1 settimane ho partorito un capolavoro di 3,400 kg scoppiettante di vitalità e salute!

mercoledì 1 giugno 2016

Il buon vegano

17:58:00




Emaciati, anemici, tristi, divoratori di carotine e lattughine. Nell’immaginario collettivo i vegani sono degli zombi con frigoriferi malinconici e pasti senza gusto. Insomma persone strambe, che mangiano cose strambe, in continua lotta coi carnivori. D’altronde i media – forse per audience, forse per partito preso – contrappongono la dieta vegetale a quella onnivora fomentando, inutilmente, conflitti e pregiudizi alimentari. Battute ironiche che rasentano la derisione farciscono, per esempio, alcuni talk televisivi che affrontano in maniera approssimativa la filosofia vegan, una scelta (e non una moda) articolata, che merita un’indagine più ragionata e trattata su più fronti. Perché essere vegano non significa solo avere a cuore la qualità e la vita di tutte le specie. Significa aver valutato con coscienza critica l’eliminazione totale di alimenti, indumenti, saponi, detergenti, trucchi, medicine e altro che abbia a che fare non solo con lo sfruttamento degli animali ma, anche, delle risorse (non infinite) del nostro pianeta. Significa aver maggior riguardo per la salute e il proprio benessere fisico. Sensibili? Altruisti? Salutisti? Non sta a noi dirlo. Sicuramente non siamo indifferenti ad alcuni dati. A questi dati: per soddisfare il palato ogni anno nel mondo vengono uccisi circa 50 miliardi di animali; il 18% delle emissioni globali di gas serra (più del 14% prodotto dai trasporti) deriva dagli animali allevati; il 99% della carne prodotta proviene da allevamenti intensivi; il 70% della terra coltivabile del pianeta è destinato alla produzione; il 90% della soia e il 50% dei cereali prodotti sul pianeta sono utilizzati per produrre mangimi animali; per produrre 1 kg di carne bovina sono necessari oltre 15.000 litri di acqua contro i 1.300 per 1 kg di frumento; 1 hamburger distrugge 5 mq di foresta; sostituendo settimanalmente 1 kg di proteine animali con quelle vegetali si risparmiano circa 36 kg di CO2 prodotta dagli animali; la percentuale di obesità dei vegani va dal 5 al 20% in meno rispetto ai carnivori; si riduce del 50% la possibilità di avere un infarto e di sviluppare il diabete 2; 1 bambino su 10 è obeso.
Un fardello di cifre che dovrebbe far riflettere sul peso strategico delle nostre abitudini alimentari (non è sufficiente neanche essere vegetariani perché la richiesta di latte, uova e formaggi non azzera il problema della deforestazione, dello spreco delle risorse idriche, della fecalizzazione ambientale, dell’emissione di CO2, etc). Insomma, da ridere c’è ben poco, mentre molto possiamo fare per invertire la rotta.


Essere vegan è una scelta politica che parte, dunque, dalla tavola e che mette in discussione un’intera cultura, quella della cucina mediterranea, considerata dai più la dieta perfetta. Un’asserzione che, animalismo a parte, era condivisibile decenni fa, quando la carne era un secondo raro, genuino e non imbottito di farmaci, quando gli animali pascolavano liberi e il loro nutrimento era selezionato e non nocivo. Oggi invece mucche, maiali, galline, conigli e altri animali/pietanza vivono costretti in gabbia e torture brutali scandiscono la loro esistenza. È la dura legge dell’allevamento intensivo e di un interesse economico che fa compiere all’uomo, senza pietà alcuna, azioni disumane. Molte obiezioni che rendono scettici i cultori della «ciccia» sono legate proprio al suo indotto e alla crisi che potrebbe generare una virata mondiale al vegetale. Ma non è pensabile che il tutto avvenga simultaneamente o con la stessa velocità. A piccoli passi la riconversione e la riqualificazione di tutti gli attori del sistema potrebbe colorare di verde una nuova economia basata sul rispetto, sull’etica, sull’uguaglianza e sulla salute del pianeta e di tutti i suoi abitanti.
Nuovi e vecchi brand hanno già messo in atto questa piccola grande rivoluzione: gli scaffali dei supermercati si arricchiscono sempre più di prodotti vegetali (non sempre di qualità ma da qualche parte si deve pur iniziare…), la cui domanda in Italia è in graduale aumento. Il “Rapporto Italia 2016” di Eurispes rivela infatti che oggi si dichiarano vegani l’1% della popolazione (nel 2014 i vegani italiani erano lo 0,6%).
Ricapitolando: non campiamo di aria, né di verdure lessate; reperiamo in natura tutto quello di cui abbiamo bisogno, proteine comprese; mangiamo con grande appagamento; non facciamo distinzione fra animali domestici e da allevamento; abbiamo un’impronta ecologica più bassa e siamo in forma, il più delle volte. Sì, anche i vegani ingrassano! 

Postilla / Ci sono vegani e vegani, vegetariani e vegetariani, onnivori e onnivori. Un’alimentazione verde non implica necessariamente una predisposizione ambientalista o animalista, così come un ingordo di chianine e formaggi può aver scelto la bici come proprio mezzo di trasporto. Sebbene le circostanze non sempre lo consentano, io considero un buon vegano chi riesce a mixare l’etica con le pratiche virtuose.

martedì 31 maggio 2016

Plum cake al cioccolato

18:39:00
ingredienti
300 gr di farina integrale
1 bustina di cremor tartaro
100 gr di zucchero di canna
200 ml di latte di soia
50 ml di olio di semi
40 gr di nocciole
80 gr di cioccolato fondente

difficoltà
facile

cottura
30 minuti

preparazione
15 minuti

Metti in una ciotola l’olio di semi, il latte vegetale e lo zucchero di canna. Mescola con una frusta fino a quando lo zucchero sarà amalgamato del tutto. Gradualmente versa la farina e continua a rimestare facendo attenzione a non creare grumi. Aggiungi poi le noci sbriciolate, le gocce di cioccolato e il lievito mescolando fino a ottenere un impasto cremoso e non troppo liquido. (Se ti sembra troppo liquido aggiungi un po’ di farina; se ti sembra troppo denso versa più latte). Prendi una teglia da plum cake e oliala per bene. Versa quindi tutto il composto e riponi in forno caldo a 180 gradi per 40 minuti. Per controllare la cottura aiutati con la prova dello stecchino. Lascia raffreddare il tuo dolce vegan prima di spolverarlo con lo zucchero a velo. Se la tua golosità è irrefrenabile puoi tagliarlo a fette e spalmarlo di marmellata o cioccolata calda.

sabato 28 maggio 2016

Torta di mele

18:34:00
Fuji, Renetta, Stark, Annurca, Pink lady, Imperatore, Golden Delicious, Granny Smith. Questi sono solo alcuni dei nomi delle oltre mille varietà di mela disponibili in Italia. Per la mia prima torta di mela vegan ho utilizzato quattro renette biologiche e, per fortuna, al primo colpo è venuta buonissima! Ve la consiglio per la colazione, per il thé delle cinque e pure per la salute. Questo frutto, disponibile tutto l'anno, è ricco di sostanze antiossidanti e antinvecchiamento.

ingredienti
250 gr di farina integrale
150 gr di zucchero di canna
200 ml di latte di soia
20 gr di mandorle tritate
1/2 bustina di lievito naturale
4 mele
olio di semi di girasole
1 limone

difficoltà
facile

cottura
30 minuti

preparazione
15 minuti

Sbuccia le mele e tagliane due a dadini e due a fette sottili. Mettile in una ciotola con acqua e succo di limone per evitare che si ossidino e che diventino gialle. Prendi una ciotola e versaci lo zucchero di canna con metà del latte di soia. Con un cucchiaio mescola bene per amalgamare bene i due ingredienti. Poi, a poco a poco, versa la farina e la parte rimanente del latte di soia, continuando a girare energicamente l’impasto per evitare che si raggrumi. Aggiungi le mandorle e le mele a dadini, il lievito e la buccia grattugiata del limone. Ungi una teglia tonda e versa l’impasto. Sopra metti a raggiera le fette di mela e poi inforna a 180 gradi per circa 30 minuti.

Iggy

12:00:00
Iggy era un cammello con tanti grilli per la testa. Showman dal talento speziato sapeva cantare, ballare e recitare. Amava la musica classica, i frutti di bosco e il thé alla cannella. Tra le gobbe trasportava vinili, copioni e un libro di ricette. Un turista sbadato gli aveva donato questa piccola fortuna.

Ogni sera si esibiva. Il silenzio del deserto gli offriva però pochi spettatori: due scorpioni, quattro serpenti e, ogni tanto, qualche pigra stella stanca di brillare. Per ogni granello di sabbia aveva composto una canzone. Per ogni oasi attraversata aveva messo in fila rime rigogliose. Per ogni duna cavalcata aveva danzato la sua coreografia più sfrenata. Ma l’immensità che lo circondava oramai gli stava stretta: Iggy voleva essere il primo cammello a calcare i prestigiosi palcoscenici di Broadway. Così trascorreva tutto il suo tempo a provare, provare e provare. Il suo impegno, ne era convinto, prima o poi sarebbe stato ripagato da applausi scroscianti ed emozionanti standing ovation.

Un mattino, seduto al pianoforte, si addormentò. Sognò nuovi strofe da cantare, nuovi testi da interpretare e nuovi passi da memorizzare. Li avrebbe messi in scena quella sera stessa ma, quella sera, neanche una stella distratta al suo cospetto. Senza pubblico e senza lodi lo showman dal talento sconfortato decise di ritirarsi per sempre dalle scene. 

Passarono molte mattine e molte sere fino a quando il silenzio del deserto fu rotto da suoni che sapevano di frutti di bosco e thé alla cannella. Sgranchite le zampe e spalancato il naso, Iggy si mise alla ricerca di quella musica perfetta. Corse per ore e ore e trascorsero altre mattine e altre sere. E quando l’odore di lampone e mirtilli si fece più forte, Iggy si fermò. Nel nero della notte scorse chiavi di violino trasformate in barche alate e il vento che fantasticava su e giù per il pentagramma. Erano le note appassionate di un cammello dalla lunga barba bianca, che in piedi e con gli occhi chiusi, rivolgeva alla luna la sua dolce sinfonia speziata.

mercoledì 25 maggio 2016

Le infinite geografie del cuore

12:16:00
City Lights (1931). Charlie Chaplin e Virginia Cherrill



Le infinite geografie del cuore mi hanno dirottato a Catania più di 13 anni fa. Di Roma mi manca lo straordinario e pure l'ordinario. Mi mancano i miei fratelli, il mio quartiere, la pizza bianca. Mi manca Trastevere, leggere in metropolitana, le serate all'Alpheus. A volte mi chiedo come sarebbe stata la mia vita se fossi rimasta. O che donna sarei stata se non fossi partita. Siamo dopotutto il frutto delle scelte che facciamo, delle persone che incrociamo, dei sogni che inseguiamo.

Mi presento!

11:56:00
Il mio passato trasuda grasso animale: pizza bianca con mortadella, salsicce coi broccoletti, lasagne al ragù, parmigiano con una spolverata di pasta. Una piccola Sora Lella in salsa orientale. Poi l’illuminazione antispecista: nel 2010, con un colpo di ciglia, convinco il mio compagno ad adottare un cane, un piccolo meticcio nero che decido di chiamare Zenzero. Da subito le nostre abitudini alimentari vengono sovvertite da una semplice constatazione: non esistono animali di serie A o di serie B. Una consapevolezza che ci porta ad acquistare solo prodotti di origine vegetale nel rispetto della vita di tutte le specie. Diventiamo quindi vegani, convinti ma non fanatici e, soprattutto, felici che la nostra scelta abbia risvolti positivi sulle persone, sull'ambiente e sulla nostra salute.
Il mio presente profuma di curry e tempo libero fra un pannolino «petaloso» e l’altro: da qualche mese sono mamma a tempo indeterminato e da qualche anno giornalista in panchina con la passione per la cucina.
Il mio futuro è un post ancora da scrivere, un racconto da inventare, una ricetta da preparare, un’informazione da condividere, una fanciulla da guidare.
Bee Vegan è il mio passato, il mio presente e il mio futuro.

Ah, dimenticavo, mi chiamo Vanessa.
Bentrovati!

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Dal 31 dicembre 2020 faccio ZZZ anche su YouTube. 
Questo è il mio canale: beevegan una famiglia col gusto per la natura

Un pizzico di me

Ho manie di piccolezza. Mi piacciono i sassi, le foglie, gli origami. Mi piacciono gli occhi che non mentono, le dita che sfogliano, i piedini che calciano. Mi piacciono le parole semplici e gli haiku complessi, le chiavi che aprono ma non serrano, i coriandoli che volano, le frittelle che ingrassano. Mi piacciono le gocce di rugiada e le bolle di sapone. Sì, mi piacciono le piccole, le piccole grandi cose.

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